Articolo su “La Repubblica” – Sally Galotti: “Così coloriamo gli ospedali”
Sally Galotti: “Coloriamo gli ospedali” (video)
Un lavoro infaticabile portato avanti da 17 anni dentro i nosocomi, per renderli a misura di pazienti. Questa ex cartoonist della Walt Disney Company ci racconta tutta la scienza e la ricerca che stanno dietro ai suoi disegni
Tiziana Moriconi
Sally Galotti: “Coloriamo gli ospedali” (video)
Credits: Franco Pieri – www.juxiproject.com
Orchidee giganti dai colori brillanti in quella che sembra la scenografia di un sogno. O la parete di un qualche laboratorio artistico. E invece siamo in un ospedale pubblico, nella sala destinata alla mammografia 3D, appena inaugurata in occasione dell’arrivo della nuova tecnologia d’avanguardia, la tomosintesi. Chi d’ora in poi si recherà alla clinica Mangiagalli di Milano per una visita al seno di routine si ritroverà a contemplare questi meravigliosi disegni. Anche nella sala accanto, quella dedicata all’ecografia, ci saranno fiori ad accogliere le donne: delle grandi peonie, aperte e delicate.
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Pareti che raccontano, proteggono e incoraggiano. Questi soggetti non sono scelti a caso: sono simboli che parlano alla donna: le dicono che sarà trattata come un fiore, o che come una peonia il suo seno deve schiudersi per permettere al radiologo di sapere se è in salute. Oppure trasmettono vitalità e energia, a significare che quello che si sta effettuando è solo un esame di controllo, che va affrontato senza angoscia. E le orchidee, fiori annuali, vogliono ricordare che la mammografia va ripetuta periodicamente.
La storia di Sally. L’artista autrice di tutte queste opere è Sally Galotti, una donna che 17 anni fa ha deciso di lasciare la sua carriera come cartoonist alla Walt Disney Company per dedicarsi a qualcosa di completamente nuovo: l’umanizzazione pittorica degli ambienti ospedalieri. Un’esperienza personale in Romania, negli ospedali che ospitavano i bambini malati di Aids, le ha cambiato la vita: Sally ha creato il delfino Juxi, il suo simbolo, e ha cominciato a collaborare con le migliori strutture pediatriche italiane – Bambin Gesù di Roma, Gaslini di Genova, il Cona di Ferrara, il Buzzi di Milano.
Un team instancabile. Alla clinica Mangiagalli, Sally è entrata per la prima volta poco più di un anno fa. C’era una sala di interventistica (quella in cui si esegue un tipo di agoaspirato più invasivo rispetto allo standard) dove si vede se la donna ha o meno un tumore: era come una qualsiasi sala dei nosocomi cui siamo abituati: fredda, asettica, con gli strumenti – dall’aspetto certo non rassicurante – bene in vista.
Sally era stata chiamata dalla coordinatrice tecnica della radiologia senologica, Stella Pedilarco, che era venuta a conoscenza dei suoi lavori negli ospedali pediatrici. Insieme, e con il sostegno di Maria Silvia Sfondrini, responsabile dell’Unità di Senologia, le donne hanno lavorato senza sosta. Quella stanza oggi è irriconoscibile: è stata trasformata nel centro di un bocciolo di rosa, con i petali che separano e proteggono idealmente la donna dall’esterno, lasciandole ammirare un cielo terso sul soffitto, e petali sul pavimento a forma di cuore.
La percezione dell’ambiente nel disagio. Come i fiori, anche la scelta dei colori è studiata. “Lavorando negli ospedali ho imparato che le persone che si trovano nel disagio della malattia hanno una percezione dell’ambiente molto diversa da chi è nell’agio”, spiega Sally. “Anche i colori hanno un effetto diverso a seconda della persona-paziente che osserva. Nei reparti di oncologia, per esempio vanno privilegiati i colori tenui, cercando di creare un’atmosfera con il giusto equilibrio tra le tonalità; il giallo e il rosso e in generale i colori molto accesi vanno evitati in caso di rischio di nausea da chemio, in neurochirurgia e in psichiatria; i contorni sfumati, invece, rilassano. Insomma, mi sono resa conto che l’attenzione all’ambiente poteva in qualche modo fare parte della cura. Così, circa 10 anni fa, ho bussato alle porte del Dipartimento di Psicologia di Bologna e ho trovato il sostegno di Fiorella Monti, docente di i Psicologia Dinamica. Con il suo gruppo studiamo la qualità affettiva dell’ambiente ospedaliero in maniera scientifica, pubblicando i nostri studi. Alla Mangiagalli, per esempio, gli operatori stanno somministrando alle donne, sia prima sia dopo l’allestimento, dei questionari elaborati ad hoc, per capire in che modo l’ambiente influenzi il loro stato d’animo, o la loro predisposizione a tornare gli anni seguenti per i nuovi controlli di routine”.
La nuova sala per la tomosintesi. “Nella nuova sala della tomosintesi (mammografia 3D, ndr.), il mio intento è stato proprio quello di sdrammatizzare l’idea della mammografia – continua Sally – e per questo ho suggerito anche di utilizzare una musica in filodiffusione di sottofondo: il mio obiettivo principale è invitare le donne alla prevenzione”. D’altra parte, come ricorda Stella Pedilarco, “Un programma di screening che non tiene conto degli aspetti relazionali e di umanizzazione rischia di vanificare il vero scopo del programma: la salute ed il bene della donna”.
La scienza e la tecnica dietro l’arte. Anche la tecnica messa a punto da Sally è innovativa. “Il mio lavoro comincia in studio, in questo caso fotografando i fiori. Le immagini elaborate al computer sono stampate su carte adesive che vengono poi plastificate. Si usano rigorosamente materiali non tossici e inchiostri certificati. È impensabile oggi dipingere sui muri: l’ospedale riceve del materiale ignifugo, lavabile, con certificazioni e garanzie e con precise caratteristiche di manutenzione”.
“Inizialmente questi forti cambiamenti sono stati difficili da accettare per noi medici”, confida Maria Silvia Sfondrini: “Ma con il tempo, lavorando nella sala, abbiamo visto con i nostri occhi quanto l’influenza dell’ambiente sia positiva non solo per le pazienti, ma anche per gli operatori. Perché si ricrea un ambiente di agio, familiare, molto diverso da quella realtà un po’ scrostata, fredda, delle normali sale ospedaliere”.